|
LE
ROND
PROPORZIONI
DINAMICHE
MOSTRA PERSONALE DI GIOVANNI LAMBERTI
www.lerond.it
23 Dicembre 2008 - 6 Gennaio 2009
Canonica della Parrocchia S. Zenone - Via Folletto, Caino (Brescia)
|
23 Dicembre h.18.30 |
Inaugurazione della mostra
|
|
|
GIORNI
DI APERTURA |
Dal
24 al 30 Dicembre |
|
3,
4, 5 Gennaio e mattina del 6 |
|
|
ORARI |
Tutti
i giorni dalle 18.45 alle 21.30 |
|
Nei giorni festivi anche dalle ore 10.45 alle ore 12.00 |
|
RASSEGNA STAMPA DELLA MOSTRA
|
|
|
BresciaOggi
|
|
|
|
Giornale di Brescia
|
|
|
LA
PAROLA DEL CRITICO
Un talento artistico insospettabilmente imperniato sul paradosso è
quello di Giovanni Lamberti, il cui originale nome d’arte vuol porsi
quale omaggio e complice riferimento al luminoso e caleidoscopico ingegno
dell’illuminista francese d’Alembert, il cui vero nome era
proprio Jean-Baptiste Le Rond. In effetti, l’effervescenza dell’impeto
creativo, l’impaziente esigenza di escogitare sempre nuove soluzioni
compositive e linguistiche, senza mai adagiarsi nel compiacimento per
l’intuizione felice e nella riproposizione della formula di saggiata
efficacia si incontrano e fondono in lui con un equilibrio, un senso della
misura e dei rapporti interni che lo ascriverebbero al novero dei razionalisti,
ovvero – volendo rimontare ala sfera degli archetipi – di
una metastorica classicità.
Rapido e densissimo è il percorso di Le Rond, passato nel breve
arco di una decina d’anni dalle prove latamente postcubiste, e comunque
ancora iconiche, al furor sperimentalistico del periodo materico-gestuale,
fino a quei ribollenti assemblaggî di radiatori e oggetti di scarto
dei processi industriali, riconducibili a un’ideale area di congiunzione
fra il New Dada e César, che preludono alla fase (ben esemplificata
nella mostra presentata nell’estate del 2007 al Palazzo Feltrinelli
di Gargnano) dell’improvviso e sorprendente decantamento, della
rarefazione espressiva e stilistica, della salutare e catartica tabula
rasa.
A partire dai mesi immediatamente successivi a quest’importante
esperienza espositiva, dopo il coraggioso e repentino levare – to
cut di fordiana memoria – cui s’accennava, Lamberti ha ricominciato
a porre, ma su basi affatto diverse dalle precedenti: non più,
quindi, una materia trabordante, coagulantesi in grumi e viluppi pulsanti
o in fitti montaggî di prelievi oggettuali, ma una superiore dialettica
d’elementi discordanti, coordinati in un equilibrio dinamico continuamente
affermato eppure sottilmente trasgredito. Nelle ultime opere di Le Rond,
non a caso, gli ingredienti ormai tipici del suo lessico formale, rispondenti
a un ben individuato e riconoscibile ethos, si aggregano in organismi
di sorvegliatissima e calibrata complessione, fondati su proporzioni e
ritmi preordinati con sicuro senso dell’organizzazione visiva e
tranquillo dominio dei media. In una padronanza così magistralmente
raggiunta, subentrata all’irresistibile urgenza comunicativa –
talora non immune da eccessi e ingenuità – che traspariva
nei lavori d’inizio millennio, potrebbe persino sorgere il rischio
di un placido acquietarsi dell’estro veemente di Lamberti nelle
eccessive certezze di un modulo infallibile, se a sommuovere tale schema
preliminare non sopravvenisse un esuberante dinamismo esplicantesi in
un triplice orientamento: da un lato, tramite l’immissione di leggeri
sfalsamenti dei piani concentrici dell’immagine, che subiscono inclinazioni
contrastanti e di marca vicendevolmente inversa destinate a tramutare
in avventura percettiva inesausta la decodificazione delle forme e dei
segni. Si consideri il ciclo delle tre tavole giocate sul rosso-grigio
e sul grigio-nero: in apparenza quasi quadrate, ma in realtà rettangolari;
armoniose e bilanciate nei rispettivi pesi cromatici e strutturali, nelle
differenti textures sui fogli di polistirene ricoperti di PVC, eppure,
a un’analisi minuziosa e attenta, connotate da un’intima instabilità,
da una recondita tensione, in quanto le opposte pendenze non arrivano
ad annullarsi e comporsi del tutto, affiorando il minimale scarto del
prevalere dell’una sull’altra.
Ma non solo alle facoltà perturbanti ed eversive di una lieve asimmetria
Le Rond affida la propria ricerca di movimento, perché in numerose
opere recenti, proposte sempre più convintamente quali autentiche
pitto-sculture, a protendersi nello spazio tridimensionale sono le figure
stesse, in ciò secondate non da procedimenti virtuali od olografici,
bensì dalla solida fisicità (così consentanea all’autore)
di telai metallici che si dipartono dai supporti e fuoriescono gagliardamente
in direzione dell’osservatore. Laddove un effettivo e tangibile
cinetismo è conseguito nelle griglie interconnesse a cerniera o
sovrapposte con possibilità di scorrimento, che ribadiscono il
vocabolario visivo di Lamberti in una sorta di mobiles pittorici che si
direbbero – di primo acchito – una dissacrante o ironica riedizione
dei polittici ad ante tardomedievali, mentre ambiscono, alieni in toto
da una simile tentazione, ad attuare l’atavico sogno di dotare di
moto, anche se indotto o meglio inducibile, i manufatti di un’attività
umana esteticamente caratterizzata.
La
mostra “Proporzioni dinamiche” trae l’innegabile interesse
e la sua forza proprio dal proporre in un organico allestimento gli indirizzi
e nuovi risultati di un’intensa ricerca ancóra in pieno svolgimento,
e foriera di ulteriori – e magari impreveduti – sviluppi;
ma si sostanzia pure dell’inedita proposta di un forse inatteso
filone sacro, o meglio mistico, della produzione di Le Rond, che attraversa
come una corrente carsica le varie fasi della sua creazione artistica
con peculiarità distintive e consonanze profonde. È un’interpretazione
del tema religioso, la sua, che rifiuta tanto l’intenzionalità
didascalica di un approccio illustrativo, quanto gli astratti concettualismi
di una lambiccata emblematicità: dal Cristo informale, vagamente
congdoniano, di sei anni or sono all’essenziale Crocifissione aniconica
che volge in pura aspirazione ascensionale l’intera e dirompente
carica emotiva che la innerva, senza nemmeno il bisogno di offrire l’abituale
tributo alle pretese di un’immediata identificabilità che
avrebbe almeno voluto scorgere il braccio orizzontale del sacro legno;
fino ai simbolici accenni dei triangoli isosceli di radiatori emergenti
su superfici dialetticamente ripartite tra l’opaco e il traslucido,
che paiono costituire gli ideali frontoni di un tempio e di un tempo votati
alla trascendenza e al mistero.
Paolo
Bolpagni
|