Dario Cattaneo nasce a Brescia nel 1952. Ultimo dei sette figli del pittore Gian Battista (1906-1983), vive fin dalla giovinezza a contatto con l’arte. Ma la frequentazione da ragazzo dello studio paterno è soltanto un’immagine lontana. Gli studi tecnici, il lavoro da impiegato, la passione per la montagna, gli impegni familiari lo allontanano sempre più dalla pittura.
Le visite a mostre, musei e gallerie tengono vivo il suo interesse per l’arte, ma non lo avvicinano al cavalletto.
Dopo la scomparsa del padre i ricordi si fanno pressanti, e la figura del genitore è assunta a esempio da imitare. Ecco allora che il dipingere diventa un rifugio nel quale potersi isolare e riscoprire se stessi e i propri sentimenti, per comunicarli idealmente anche a chi non c’è più.
Con l’amico Giovanni Lamberti Le Rond, alla fine del secolo scorso, comincia un percorso di ricerca che lo porta a frequentare con assiduità lo studio di Piero Tramonta, che sa affinare gli iniziali entusiasmi del dipingere: il segno si fa più preciso, la tecnica e lo stile assumono una loro fisionomia personale, e questi primi risultati sono suggellati da alcune mostre.
L’incontro poi con l’artista Romeo Bellucci, vecchio amico di suo padre, diventa per Cattaneo fonte di ricordi e ulteriore stimolo a dipingere. È la nascita di un’amicizia profonda e l’occasione per una crescita umana e professionale: Bellucci lo accoglie nel proprio studio e gli trasmette la grande esperienza tecnica e la sensibilità di cui sono intrise le sue opere.
La pittura di Cattaneo diventa più sicura, il dettaglio scompare nella ricerca di una sintesi compositiva che non cerca l’effetto, ma ambisce a cogliere lo spirito e l’atmosfera dei paesaggi rappresentati. I toni sono pacati, mai accesi, dominati da una sequenza cromatica che passa dal grigio, al blu velato, al rosa. Le velature conferiscono ai suoi dipinti più recenti un’uniformità d’insieme che attenua i contrasti e trasmette un senso di nostalgia per qualcosa di perduto.
LA CONQUISTA DI UN SOGNO
Uomo di rara sensibilità, di vasta cultura, figlio d’arte, essendo stato il padre Gian Battista (1906-1983) un affermato artista, Dario Cattaneo cerca se stesso anche per mezzo della pittura. Una ricerca costante, infaticabile, un colloquio affettuoso con la natura per rivelarla, nei suoi dipinti, arricchita dalla sua personalità, dai suoi sogni, dalla sua filosofia.
Artista dunque sempre alla ricerca della “forma” perfetta che distingue il professionista dal dilettante.
Tele ricche di poesia dove la sintesi è essenziale, racconti a volte malinconici ma permeati da quell’ “Altrove” che è il mistero dell’inconscio nell’arte e nella vita, una forza spirituale, una volontà di purezza.
In queste poche righe si inquadra per me Dario Cattaneo, pittore di chiaro carattere novecentista per educazione paterna, che percorre attraverso uno stile personale ed efficace la via, senza fine, dell’arte.
Romeo Bellucci, 2010
DARIO CATTANEO, OVVERO IL PAESAGGIO RIVISSUTO NEL RICORDO
Con i suoi dipinti Dario Cattaneo intona un cantico alla natura dai toni soffusi ma intensi, testimonianza di un autentico affetto per i paesaggi rappresentati; nel comporli in forme e colori si direbbe che l’autore li faccia propri per via di sentimento. Sono le vedute di Caino, della Valle Trompia, del Lago d’Iseo, della costa istriana: luoghi che indovino esser stati pazientemente percorsi in cerca delle luci crepuscolari, delle miti foschie, delle atmosfere sospese, delle quieti profondissime che si ritrovano nelle opere di Cattaneo.
Sono visioni intimiste e memoriali, che lasciano trapelare con sincerità la delicata sensibilità che le genera, ossia quell’ “emozione del vedere” fatta di respiro, coinvolgimento e limpidità dello sguardo. In fondo, a essere importante non è tanto l’aderenza alla verità del dato naturalistico, bensì alla spontaneità sorgiva che questo ha prodotto nell’animo del pittore, e che con fedeltà assoluta egli ha reso sulla tela. Una sorta di “realismo interiore”…
Sotto il profilo stilistico, il riferimento non può che andare a quel clima post-impressionista che caratterizzò alcune delle più efficaci espressioni della pittura lombarda nei decenni fra le due guerre mondiali, dai Chiaristi ad Arturo Tosi; ma anche alla vena più ripiegata del grande filone novecentista in Italia (penso a Carrà, a Francalancia, a Carena). La matrice originaria è da ravvisarsi pur sempre in Cézanne (oggetto peraltro di un palese omaggio in uno degli oli di Cattaneo), ma spogliato d’ogni ambizione plastica e volumetrica: per così dire dissolto nel pulviscolo di una dimensione nostalgica e puramente contemplativa.
È un consapevole porsi al di fuori del tempo e delle sue fugaci illusioni, nella ricerca di una patria spirituale e rasserenante: il vagheggiato mondo di una “pittura eterna” che, forte della propria debolezza malinconica e meditativa, sfida il mutare delle tendenze e dei gusti proponendosi come baluardo al repentino e incessante divenire degli uomini e delle cose.
Paolo Bolpagni, 2010
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